Francia: lo sciopero generale del 22 marzo rilancia la protesta sociale contro il liberismo di Macron. Ferrovieri in prima linea

 Traffico ferroviario bloccato, voli annullati, scuole chiuse: lo sciopero generale di ieri 22 marzo ha riportato in piazza migliaia di francesi contro i progetti di privatizzazioni di Macron. Secondo la CGT almento 400mila persone hanno manifestato in tutta la Francia, di cui 400mila per le vie della capitale, con tre cortei. 180 manifestazioni che si sono svolte durante la giornata in tutto il Paese. Le cifre parlano di due TGV su 5 in funzione, un treno regionale su 2, un Intercity su 4, 3 treni internazionali su 4. Negli aeroporti, annullato i 30% dei voli a Roissy, Orly e Beauvais, i tre scali di Parigi.

La giornata di mobilitazione è stata un successo di piazza (a parte qualche scontro tra giovani e polizia, vicino al lungo di convergenza dei due cortei pomeridiani, a place de la Bastille). Ma il governo guarda anche altre cifre: una forte mobilitazione dei ferrovieri, più di quanto previsto, 35% hanno aderito alla giornata di protesta, mentre nella funzione pubblica ha scioperato solo il 10%, percentuale che sale al 25% (secondo i sindacati) nella scuola.  Le ferrovie tornano ad essere il luogo della resistenza, come nel ’95 (ai tempi di Alain Juppé). Per la Sncf, difatti, la giornata di ieri è stata solo l’inizio. Dal 3 aprile, iniziano le giornate di sciopero dei treni, 36 in tutto, distribuite su tre mesi, fino al 28 giugno, al ritmo di due giorni di blocco seguiti da tre giorni di lavoro (con eventuali perturbazioni del traffico ad ogni ripresa dell’attività). Il braccio di ferro è appena iniziato. Molto dipenderà dalla reazione degli utenti.

L’unità sindacale è quasi completa, almeno per i ferrovieri. Invece, per la funzione pubblica, Cfdt e Unsa non hanno partecipato alla giornata di mobilitazione (contestano la precipitazione, mentre sono in corso concertazioni con i ministri). In piazza c’erano di nuovo i pensionati, che hanno già manifestato il 15 marzo contro l’aumento della Csg, il contributo sociale generalizzato, un rialzo che per il governo dovrebbe servire per favorire i giovani attivi. Tra i dipendenti pubblici, c’erano di nuovo anche i lavoratori delle case di riposo, che protestano da tempo per le difficili condizioni di lavoro.

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Durante la campagna elettorale per le presidenziali, Emmanuel Macron aveva promesso di eliminare 120 mila posti di lavoro nella pubblica amministrazione. Ecco perchè ieri hanno manifestato uniti dipendenti della pubblica amministrazione e ferrovieri. La riforma del sistema ferroviario appena presentata prevede l’abolizione dello Statuto dei Lavoratori della Ferrovia per i nuovi dipendenti, statuto che viene considerato più protettivo rispetto a quello della maggior parte degli altri lavoratori del paese: stabilisce ad esempio la possibilità del pensionamento anticipato a 52 anni, e quindi, come dice Macron, nipote di un ferroviere, «voi lavoratori della SNCF non avete lo stesso ritmo di lavoro di mio nonno». La riforma contiene poi la soppressione di alcune linee secondarie, l’introduzione di piani di licenziamento volontario, l’introduzione di una remunerazione in base al merito, l’aumento dei dipendenti a contratto e, soprattutto, l’apertura alla concorrenza. La Francia è uno dei paesi dell’Unione Europea a non aver ancora aperto alla concorrenza ferroviaria (cosa che l’UE ha stabilito debba accadere entro il 2019) e la SNCF resta ancora oggi una delle poche grandi società ad avere il monopolio del trasporto ferroviario del paese. La riforma, nel primo articolo, prevede «l’apertura dei servizi di trasporto ferroviario alla concorrenza» e questo significa che anche la Francia dovrà operare in regime di libera concorrenza. Le conseguenze riguarderanno anche le forme del contratto di lavoro.

Le associazioni di categoria chiedono innanzitutto che prima di decidere un’apertura al mercato vengano sistemati i debiti della società pubblica per metterla così in condizioni di reale competitività: i debiti sono pari a circa 47 miliardi di euro, e circa i due terzi di questa cifra sono attribuibili alla costruzione delle linee ad alta velocità. «Riformare solo per riformare non ha senso, se non si dice dove si vuole andare e che modello di società si vuole costruire. Se la filosofia è quella di sconvolgere tutto a prescindere, per un progetto liberale in cui ognuno pensa a sé, non funzionerà», ha spiegato Laurent Berger, segretario di uno dei sindacati che hanno organizzato la protesta. I sindacati sostengono poi che i ferrovieri non siano lavoratori “privilegiati”, così come sta cercando di raccontare il governo, e che cancellare lo statuto speciale per i nuovi dipendenti finirà con il compromettere i piani pensionistici dei vecchi lavoratori. Il timore è infine che la riforma possa essere il primo passo verso una completa privatizzazione, con conseguenze negative anche per gli utenti: prezzi più alti, ritardi e cancellazioni di treni.

Oltre ai contenuti della riforma viene contestata anche la modalità di approvazione che attraverso lo strumento del decreto salta la discussione del parlamento e i negoziati con i sindacati, con l’obiettivo di non introdurre modifiche e di arrivare ad un’approvazione veloce. Macron, di recente, ha dichiarato che non intende stravolgere tutto, ma che «il mondo non è come prima»: la SNCF e i suoi dipendenti dovranno dunque adattarsi, così come hanno dovuto fare altri lavoratori francesi. Quello che Macron sta proponendo, in nome del contenimento dei costi e del miglioramento del servizio, è sostanzialmente portare una delle ultime ma ancora potenti industrie statali del paese a trattare i propri lavoratori come dipendenti del settore privato.

Va precisato che il sistema ferroviario pubblico francese ha un peso simbolico molto importante e che i dipendenti delle ferrovie rappresentano, di fatto, la classe operaia della Francia, che ha un grande peso politico. Quando nel 1995 il primo ministro Alain Juppé, di destra, aveva cercato di riformare il settore c’erano stati enormi movimenti di massa sostenuti della maggioranza della popolazione. Quello sciopero, nonostante i fortissimi disagi, mantenne per settimane un altissimo indice di popolarità. Juppé, alla fine, dovette cedere e ritirare la proposta. Oggi la situazione è diversa: Macron è già riuscito a far approvare una contestata riforma del lavoro che ha indebolito il potere contrattuale dei sindacati e ha reso più flessibile il mercato del lavoro, in generale permettendo così alle imprese di licenziare con maggiore facilità. Questo significa che potrebbe essere più difficile per i dipendenti delle ferrovie trovare sostegno e supporto da parte di altri lavoratori le cui condizioni sono già state rese più fragili.