Diritto di sciopero: Sacconi torna all’attacco con due emendamenti alla finanziaria

L’ex ministro del Welfare, oggi presidente della Commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, ha presentato due emendamenti alla manovra finanziaria che minacciano la piena fruizione del diritto allo sciopero.

L’ossessione di Sacconi – pienamente condivisa dal collega Pietro Ichino dello schieramento opposto – di mettere in soffitta il diritto di sciopero garantito dalla Costituzione ha partorito questo escamotage di “intrufolarsi” nella finanziaria per destare meno attenzione da parte dell’opinione pubblica.

Gli emendamenti introdurrebbero l’obbligo per i lavoratori di comunicare al proprio datore di lavoro l’adesione a uno sciopero con 7 giorni di preavviso. Si tratta di una pretesa con risvolti fortemente intimidatori: non solo si condiziona la libera scelta dei singoli lavoratori, ma si permette alle controparti di adottare tutte le contromisure utili per smontare e quindi impedire la riuscita della sciopero nei servizi pubblici essenziali, ledendo diritti costituzionalmente protetti, quali appunto il diritto di sciopero e la libertà di organizzazione sindacale.

Sacconi dichiara che si vuole evitare il cosiddetto «effetto annuncio», per «tutelare gli utenti», spesso scoraggiati a prendere i mezzi pubblici o indotti a utilizzare l’auto privata.

In realtà sappiamo che la normativa sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali in Italia è una delle più restrittive in vigore in Europa, in quanto dotata di misure per modificare le procedure con accordi attuativi tra le parti sociali – lo sciopero dei sindacati di base del 28 ottobre lo dimostra, quando con poche ore di anticipo il Ministro Delrio ha dimezzato lo sciopero dei trasporti pubblici. L’intervento della Commissione di Garanzia comporta poi il deleterio effetto di distanziare l’indizione dello sciopero di molti mesi dalle cause scatenanti il conflitto, svuotandolo di valore ed efficacia ad esclusivo vantaggio delle parti datoriali. Peraltro proprio in questi giorni la stessa Commissione di Garanzia propone di ampliare la cosiddetta rarefazione oggettiva tra uno sciopero e l’altro, attualmente di 10 giorni, portandola a 20 giorni.

A chi si è fatto convincere che gli scioperi sono “scioperi selvaggi”, indiscriminati e senza regole, che bloccano il paese e fanno fallire le imprese ricordiamo che:

l’attuale legge che regolamenta l’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali Italia – la legge 146/90 modificata dalla legge 83/2000 a sua volta integrata dalle regolamentazioni vigenti in ogni specifico settore dei servizi pubblici –  sancisce, con estrema precisione e rigore, procedure di raffreddamento sui conflitti, rarefazioni oggettive e soggettive, durata minima e massima degli scioperi, divieto di concomitanza degli scioperi in più settori, prestazioni minime garantite durante le astensioni dal lavoro che in molti casi sfiorano il 60% dell’intera attività, prevedendo anche sanzioni amministrative elevate in caso di violazione di dette norme.