Sciopero al Comune di Milano. Non succedeva da vent’anni

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«Tagliata la pianta organica e scavalcate le graduatorie». Il 3 febbraio resteranno chiusi gli uffici dell’Anagrafe, le mense comunali, gli asili e le biblioteche rionali

di Paola D’Amico

Lo strappo è clamoroso. Venerdì 3 febbraio i 15 mila dipendenti comunali incroceranno le braccia. A firmare la comunicazione dello sciopero generale al prefetto sono i segretari di otto organizzazioni sindacali più la Rsu. Occorre scartabellare negli archivi per trovare un precedente: maggio 1997. Sono trascorsi vent’anni. Era sindaco Gabriele Albertini. A rischio, quel giorno, saranno tra gli altri il servizio negli asili, nelle biblioteche, negli uffici anagrafe, nelle mense. Ma la risposta compatta anche delle sigle autonome (Sulpm e Usb) lascia intendere che potrebbero mancare all’appello anche gli agenti di polizia locale. Lo sciopero non è esattamente un fulmine a ciel sereno. Perché la rottura, ricordano i portavoce delle organizzazioni sindacali, è maturata il 12 dicembre scorso, quando ci fu un tentativo di conciliazione (fallito) davanti al prefetto Marangoni. Il clima natalizio pareva aver raffreddato la protesta. E in occasione dell’ultimo Consiglio comunale, il 22 dicembre, i rappresentanti dei lavoratori si erano presentati a Palazzo Marino, ottenendo l’interessamento dei consiglieri di maggioranza. «Ci avevano promesso un incontro con l’assessore Tajani — spiega Tatiana Cazzaniga, Fp-Cgil —, tra Natale e Capodanno».

Sono molti i temi in discussione, al primo posto c’è la questione della pianta organica. La delibera di giunta del 6 dicembre scorso riporta un numero diverso da quello atteso: 298 unità. «Cinquanta in meno di quelle concordate con l’aggravante che non si concretizzeranno in buona parte — scrivono i sindacalisti —, perché hanno in programma l’assunzione di figure, qualifiche, che non hanno graduatorie in vigore oppure ci sono graduatorie insufficienti». Era nell’aria che la rivoluzione digitale della macchina comunale, contenuta nel programma elettorale e ribadita all’indomani dal sindaco Sala del suo insediamento, avrebbe richiesto un’infornata di tecnici informatici, ingegneri e soprattutto il «ringiovanimento» delle forze in campo. Ma chi lavora per esempio agli sportelli di via Larga fa notare: «Già oggi si possono fare i certificati online. Ma qui tutti i giorni c’è una marea di gente in coda. Bene gli informatici — precisano —, ma serve ancora gente in front office».

Circolano, intanto, documenti tratti dai report delle visite di Medicina del lavoro, che attestano come la popolazione lavorativa sia per ben oltre il 50 per cento portatrice di malattie medio gravi e croniche, che la rende «inidonea alla mansione per la quale è stata assunta».

Non è da escludere, però, che oltre a questi report a far precipitare la situazione fino alla rottura sia stata la notizia di 30 assunzioni a livelli dirigenziali (art.110). E, ancora prima, il rientro come vice direttore generale di una funzionaria, Carmela Francesca, che «si era messa in aspettativa». La stessa è stata incaricata ad interim di svolgere le mansioni del direttore delle risorse umane e dunque di fare i colloqui ai 30 futuri dirigenti, in attesa dell’arrivo di Valerio Iossa già da due anni direttore delle risorse umane a Firenze.

«Milano non ha bisogno di dirigenti calati dall’alto, che strana la coincidenza poi che arrivi dalla culla del renzismo un dirigente che avrà un ruolo apicale nella nostra città. Ci sono tanti dirigenti interni molto bravi che verranno penalizzati — dice Gianluca Comazzi, capogruppo di Forza Italia —. Lo sciopero era evitabile se solo il Comune avesse avviato per tempo il tavolo con i sindacati». Si associa Patrizia Bedori, capogruppo M5S: «Evidenti e condivisibili i motivi dello sciopero. Sono molto chiari i motivi per cui i dipendenti del Comune sciopereranno il prossimo 3 febbraio, è chiaro che la riorganizzazione della macchina comunale ha dato ampio spazio allo spoil system lasciando inalterati i disservizi ai milanesi».