L’accordo nel Pubblico impiego, tra nuove tasse, e tante mazzate per i lavoratori e per i cittadini.

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di Federico Giusti, da controlacrisi.org del 16 dicembre 2016

L’intesa dello scorso 30 novembre per quanto riguarda il pubblico impiego è fino in fondo di natura politica perchè i contratti sono ancora lungi dal divenire e per vedere i fatidici 40 euro di aumento di acqua sotto i punti ne dovrà scorrere fin troppa.

Sono quasi 3 milioni i dipendenti pubblici che nel 2018 attenderanno da 8 anni il rinnovo dei contratti. La manovra di bilancio approvata e quella del prossimo anno dovranno dare copertura finanziaria ai cosidddetti aumenti.

Andiamo ai numeri allora:
La legge di bilancio, al comma 132, prevede lo stanziamento di 1,48 miliardi per il 2017 e 1,93 a partire dal 2018, ma non sono soldi solo per gli aumenti che avranno invece un capitolo assai piu’ ridotto.

Questi soldi, sbandierati ai quattro venti come aumenti, serviranno anche ad altro, ossia a finanziare il bonus da 80 euro per militari e forze dell’ordine , alle stabilizzazioni dei precari che saranno numericamente irrisorie tanto è vero che le cifre anche approssimative sono ancora tutte da quantificare.

Il bonus da 80 euro costa , dati ministeriali, circa 510 milioni e le assunzioni svariate decine di milioni nel 2017
Euro più o euro meno , per vedere in busta paga i 40 euri saranno necessari gli atti di indirizzo della Funzione pubblica per i quattro comparti del pubblico impiego, un percorso irto di ostacoli per armonizzare, al ribasso, i vari contratti oggi esistenti (per questo vorrebbero un contratto unico) ma soprattutto nuove regole su produttività, integrativi e rapporto di lavoro che prenderanno corpo con il prossimo testo unico del Pubblico impiego che dovrebbe essere la sommatoria dei vari decreti Madia.

La Consulta dichiarando illegittimo il blocco dei contratti aveva previsto che il rinnovo avvenisse già nel 2015 ma il Governo con la complicità dei sindacati rappresentativi ha aggirato il problema , infatti il Ccnl abbraccerà l’arco temporale 2016-2018.

I fondi della manovra servono solo per i dipendenti della PA centrale mentre il fondo sanitario e i bilanci locali dovranno trovare le risorse per i “loro” organici. non prima di un apposito Dpcm, che dovrà quantificare i soldi. Il rischio che si corre per sanità ed enti locali è serio e concreto perchè i tagli dei Governi sono stati massicci.

Di sicuro, ad oggi, non c’è nessun ampliamento della facoltà assunzionale e nonostante le chiacchere la sola richiesta avanzata dall’Anci non è stata accolta, ragion per cui sarà difficile che i Sindaci possano uscire con l’ennesimo comunicato di assenso alla Manovra di Bilancio e qualora fossero cosi’ sfacciati da farlo chiunque avrebbe un argomento solido per sbugiardarli.

Non è detto tuttavia che si allarghino le facoltà assunzionali con un decreto successivo di cui in via ufficiosa si sta parlando (ma tra il dire e il fare corre sempre grande differenza). Che questa sia una manovra contro gli enti locali lo si evince dalla legge di stabilità che prevede regole invalicabili per il pareggio di bilancio.

Niente di nuovo quindi per il 2017 (turn over resta al 25% che diventa al 75% per gli enti fino a 10 mila abitanti, sempre che il rapporto personale-popolazione rientri nel limite previsto per gli enti dissestati. Nel 2018 (ma potranno fare marcia indietro come già successo con la legge di bilancio del prossimo anno) gli enti virtuosi con spazi finanziari inutilizzati sotto l’1% potranno aumentare il turnover al 75% (ma anche in tale caso valgono i limiti per gli enti dissestati).

Altri tetti invece sono previsti per i dirigenti che potranno essere sostituiti all’80% nel 2017 e al 100% l’anno successivo.

Gli enti invece che non hanno rispettato i patti si troveranno nella impossibilità di assumere se non qualche tempo determinato nel 2017 certificando che queste assunzioni a tempo sono rese necessarie dal garantire alcune funzioni quali polizia locale, istruzione, il sociale e la protezione civile.

In sintesi se un ente non ha raggiunto gli obiettivi della finanza pubblica e il pareggio di bilancio sarà condannato alla lenta e inesorabile riduzione di personale senza alcuna facoltà assunzionale eccezion fatta per i pochi contratti a termine per le funzioni essenziali prima menzionate.

A vigilare sui saldi e sui conti ci penserà poi la Corte dei conti sempre pronta ad aprire procedimenti per danni erariali.

In assenza della rimozione del turn over è insufficiente la proroga al 2017 delle graduatorie approvate dal 30 settembre 2003, graduatorie in essere al 1° settembre 2013 . Le graduatorie successive invece al termine dei 3 anni scadranno automaticamente, una distinzione assurda e senza logica

Fin qui niente di nuovo, ma cosa accadrà per la sanità alle prese con carenze di organico preoccupanti?

In ambito sanitario il gioco al massacro è comprensibile se leggiamo gli articoli demagogici contro le liste di attesa per visite, operazioni e interventi di urgenza. L’obiettivo è quello di rendere sempre meno efficiente la sanità pubblica per invogliare il ricorso alle strutture private

La voce spesa sanitaria a carico delle famiglie è sempre piu’ onerosa, qualcosa come 36 miliardi di euro, una cifra che corrisponde a un terzo del Fondo sanitario nazionale.

In questi anni hanno distrutto la sanità pubblica solidale e universalistica, soprattutto nel Meridione condannando i pazienti a lunghi e onerosi viaggi della speranza verso gli ospedali del centro nord come leggiamo per altro nel XIX Rapporto «Pit Salute» di Cittadinanzattiva-Tribunale dei diritti del malato,

A colpi di spending review e di tagli al sistema sanitario, senza assunzioni, senza investimenti nella ricerca e senza ricambio di personale, la fa sempre piu’ da padrona la sanità privata, basti ricordare che i cittadini hanno pagato nell’ultimo anno qualcosa come 35 miliardi. Nel Sud soprattutto ma non solo, il diritto alla cura non esiste piu’ e curarsi è diventato un lusso che troppe famiglie non possono più sostenere.

In questo contesto allarmante non poteva che arrivare l’ennesima spending review, infatti la spending review entra nella sua fase strutturale, come proprio con la nuova legge di Bilancio e così i tagli di spesa saranno ingenti per i ministeri, per esempio ben 728,4 milioni . Questi tagli non andranno a colpire tanto sprechi e inefficenze, ma posti di lavoro.
Nel triennio prossimo i tagli ammonteranno a circa i 729 milioni nel 2017, circa 709 nel 2018 e a poco più di 713,2 nel 2019.

Alla luce di queste considerazioni chi avrà il coraggio di asserire che la manovra economica e l’accordo del 30 novembre tra Governo e sindacati non sia una rimessa per il pubblico, per i lavoratori e i servizi?