Accordo Pubblico Impiego: il falso mito della produttività per dividere i lavoratori

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Il falso mito della produttività per dividere i lavoratori

Uno dei punti cardine dell’accordo dello scorso 30 novembre è quello dell’aumento della produttività nel pubblico impiego.

Il concetto viene ripetuto più volte fino a parlare apertamente di riaprire un confronto su malattia, congedi e permessi, ricordiamo che questo principio nel contratto metalmeccanici ha portato a una penalizzazione per le assenze per malattia. Chissà perché quando per primo Brunetta introdusse le sue famose decurtazioni i firmatari di oggi erano giustamente contrari.

Si parla di introdurre parametri per poter misurare “scientificamente” la produttività dei lavoratori e agganciare a questi risultati gli aumenti.

Divide et Impera

È evidente che questo risultato può essere conseguito solamente con un azione a livello “locale” quindi la conseguenza più logica è che buona parte degli aumenti verranno decisi in fase di contratti decentrati.

Ma così otteniamo un solo drammatico risultato dividere i lavoratori. Divide et impera una massima che il  governo si ricorda benissimo e che i confederali accettano di buon grado. Con questo principio avremo centinaia di migliaia di vertenze per i rinnovi dei contratti decentrati divise fra loro e che avranno una forte incidenza sullo stipendio dei lavoratori.

Come nel privato i confederali cercano di spostare sul campo locale le battaglie per il salario. Lo fanno per sottomissione alla controparte, lo fanno per cercare di tagliar fuori i sindacati concorrenti ma così gli unici che perderanno saranno i lavoratori sempre più divisi e soli.

Più produttività per cambiare tutto senza cambiare niente

Si continua a parlare di produttività, senza prima aver risolto i mali cronici della pubblica amministrazione. Mali che i lavoratori pagano sulla loro pelle per colpa delle incapacità politiche.

Carenza di personale, età media anagrafica di oltre cinquanta anni, scarsa formazione professionale, legislazione complessa e talvolta contraddittoria e soprattutto una classe dirigenziale troppo spesso scelta non per capacità ma per appartenenza politica. Come dice un’altro proverbio il pesce puzza dalla testa e se non si taglia il cordone ombelicale fra dirigenza pubblica e politica molti problemi non saranno risolti.

Eliminiamo la Brunetta, viva la Brunetta

I confederali vantano di aver raggiunto il risultato di mettere in discussione la Brunetta, ma quando mettono nero su bianco di agganciare il salario alla produttività cosa stanno facendo se non replicare i principi ispiratori della Brunetta?

Più flessibilità per tutti?

E quando al punto 2 “Parte normativa” lettera e) si accenna alla flessibilità oraria dove vogliono arrivare i firmatari? Con queste innocenti paroline che obiettivo hanno? Sempre nell’ultimo contratto metalmeccanico i confederali hanno concesso alle aziende 80 ore per prolungare l’orario settimanale fino a 48 ore, adattando la vita del lavoratore a esigenze e fluttuazioni del mercato.  È questo modello che hanno in mente?

Quanto su esposto sono altri buoni motivi per bocciare questo accordo, che è solo un preliminare alla trattativa vera e propria. Quindi abbiamo ancora tempo per far sentire il nostro sdegno e costringere governo e sindacati ad accordi migliori.

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