NON UNA DI MENO: Sial Cobas partecipa alla manifestazione contro la violenza sulle donne del 26 novembre a Roma

nonunadimeno-manifGiorno dopo giorno continuano gli omicidi compiuti dagli uomini contro le donne

CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE E PER IL DIRITTO ALL’ABORTO

Sabato 26 Novembre manifestazione nazionale a Romasial_logo_ok

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Martedì 22 Novembre dalle ore 20,30

Incontro presso la sala consiliare del comune di Cassina De Pecchi aperto a tutte/i.

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In Italia, ogni due giorni, una donna muore per mano di un uomo. Una donna su tre nel corso della propria vita ha subito o subisce abusi sessuali o fisici, ma le statistiche si riferiscono solo a quei casi effettivamente denunciati. Le cifre reali sono molto più ampie.

Sabato 26 Novembre è stata indetta a Roma una manifestazione nazionale, perché fermare la violenza sulle donne diventa ogni giorno più urgente.

La data è stata scelta per permettere a tutte e tutti di dare il giusto rilievo alla giornata internazionale del 25 novembre contro la violenza sulle donne.

NiUnaMenos” “Non una di meno” è lo slogan scelto da questo percorso. Lo stesso che sta caratterizzando le mobilitazioni contro la violenza e il diritto all’aborto in molti paesi Europei e dell’America Latina, dove le donne stanno provando a dotarsi di strumenti comuni. Il 3 ottobre, in Polonia, uno sciopero generale delle donne ha paralizzato il paese e costretto il governo a ritirare la proposta di legge peggiorativa sull’aborto. Il 24 hanno replicato. Lo stesso giorno hanno scioperato le donne in Islanda per protestare contro la disuguaglianza retributiva. Il 17 è stata la volta delle donne Coreane per il diritto all’aborto.

Il 19 ottobre è stata una giornata di sciopero nazionale per le argentine, che sono scese in piazza vestite a lutto per l’ennesima efferata violenza ed omicidio di una giovane ad opera di un gruppo di uomini. L’appello allo sciopero è diventato addirittura continentale, coinvolgendo le donne di quasi tutti gli stati del sud America, dove il femminicidio continua a crescere.

L’autonomia economica è fondamentale per riuscire a sottrarsi alla violenza.

Le politiche di austerità e i tagli ai servizi pubblici portati avanti dai governi di tutto il mondo invece colpiscono soprattutto le donne, le giovani, le migranti. Tagli che hanno reso spesso i servizi inaccessibili, scaricando il lavoro di cura e assistenza sulle donne, anziché sulle finanze pubbliche. Tante escono dal mondo del lavoro per occuparsi dei figli per mancanza di strutture gratuite per i primi anni di vita del bambino. Stessa cosa per quanto riguarda la cura degli anziani, troppo costosa per molte famiglie e assunta dalle donne come lavoro non riconosciuto e non pagato.

Le donne sono quelle maggiormente colpite dalla flessibilità lavorativa e dalla precarietà.

Nel settore dei servizi dove circa 2/3 di chi vi lavora è donna, tagli e privatizzazioni hanno causato perdite dei posti di lavoro, riduzione delle ore di lavoro, e ridefinizione del reddito verso il basso.

Nei luoghi di lavoro, nonostante la legislazione specifica, le discriminazioni sono continue e si articolano su più fronti.

Le diseguaglianze salariali tra uomini e donne sono ad oggi ancora molto nette: in rapporto allo stipendio dei colleghi uomini, e a parità di mansione, le donne lavorano di fatto gratuitamente due mesi l’anno. Per quale motivo viene considerato normale?

Quanto alle politiche per la conciliazione vita-lavoro, al di là delle iniziative di propaganda (i vari bonus elargiti in modo saltuario), una lavoratrice madre si dibatte tra mille difficoltà ed ingiustizie: molte al rientro dalla maternità non ritrovano il posto che gli spetta, subiscono demansionamenti, senza contare che la tutela dal licenziamento è solo per il primo anno di vita del bambino. E per chi non ha un contratto anche quel baluardo viene meno!

Nel settore del commercio, con la liberalizzazione degli orari di apertura (24 ore su 24 per 365 giorni l’anno) molte donne, che sono la maggior parte in questo settore, si sono ritrovate con turni notturni e festivi, spesso comunicati con pochissimo anticipo.

Condizioni di lavoro di questo tipo costringono molte donne a rinunciare al lavoro ma, lo ribadiamo, l’autonomia economica è fondamentale non solo per decidere della propria vita, ma anche per riuscire a sottrarsi alla violenza.

Inutile aggiungere che in questo senso occorre che i centri anti-violenza sul territorio non vengano chiusi (come sta avvenendo negli ultimi anni), ma anzi sostenuti finanziariamente con la spesa pubblica. La legge 194, che stabilisce il diritto all’aborto, deve trovare piena e libera applicazione in tutto il territorio italiano!

Il contrasto all’impoverimento e alla violenza devono andare di pari passo. Dobbiamo partire da noi in quanto donne e in quanto lavoratrici per ottenere i diritti che ci spettano e che ci mancano.

La voce delle donne deve tornare a farsi sentire nei luoghi di lavoro perché collettivamente si agisca per eliminare le disparità salariali e conquistare quelle tutele e quelle condizioni di lavoro che corrispondono alle nostre esigenze.

In questo senso, si dovrebbe cominciare a ragionare e a costruire dei momenti di incontro tra lavoratrici di diversi ambiti e aziende per sviluppare un’azione e un protagonismo che parta direttamente dai soggetti interessati, dai loro bisogni.

La violenza sulle donne non si esplica solo all’interno delle mura domestiche ma si declina in ogni ambito, lavoro compreso. Facciamo del 26 Novembre, una prima occasione per condividere e puntare i riflettori sulle nostre condizioni di lavoratrici e i diritti che ci spettano.

Per partecipare alla manifestazione a Roma prenota a: infosindacale@gmail.com