Scuole di Milano: disabili senza professore restano a casa

bambina-disabileMilano, disabili senza prof restano a casa. La mamma: “Lasciati soli dallo Stato, pago io l’educatore”

di Tiziana De Giorgio, da Il Corriere.it

Le denunce al Centro antidiscriminazione: “Centinaia di famiglie non sanno ancora quando potranno mandare i figli a lezione”

Pur di mandare Gaia a scuola Cristina ha deciso di pagare di tasca propria l’educatore che segue sua figlia durante le lezioni. “Senza di lui non può tirare fuori i libri o l’astuccio dallo zaino, non può prendere appunti o andare semplicemente in bagno”. Gaia ha 14 anni, è affetta da Sma (atrofia muscolare spinale). E la sua storia è solo un esempio che vuole raccontare quello che stanno vivendo in realtà centinaia di bambini o adolescenti lombardi disabili: a due settimane dalla prima campanella, ancora faticano a tornare in classe come i loro compagni. La denuncia arriva dalla Ledha, che dall’avvio delle lezioni sta dando quotidiano ascolto a tanti genitori che hanno deciso di rivolgersi al Centro antidiscriminazione: “Mamme e papà non sanno ancora quando potranno mandare a scuola i figli – spiega il presidente della Lega per i diritti delle persone con disabilità, Alberto Fontana – non sanno quante ore verranno garantite e nemmeno se verrà attivato il servizio di trasporto”. Il problema sta nelle Province e nella (cronica) mancanza di fondi per attivare i servizi. “Ci sono enti, fra cui Città metropolitana di Milano, che non hanno ancora dato risposte alle famiglie”.

Gaia frequenta un liceo della Brianza e si può muovere solo grazie a una sedia a rotelle. La mamma, Cristina Motta, ha 36 anni, uno stipendio da cameriera part time. E un’altra bambina di quattro anni da crescere. “Sono separata e il mantenimento delle due piccole è tutto sulle mie spalle. Non ho questo gran tenore di vita, mettiamola così. Ma sto usando tutte le risorse che ho per mettere una toppa là dove lo Stato ci lascia sole”.

Non c’è lamento nel tono di Cristina. La sua voce, ferma e apparentemente serena, è quella di una giovane donna abituata da tempo a vivere a contatto con la sofferenza. E a rimboccarsi le maniche. “Per il trasporto a scuola di Gaia ho chiesto un favore in extremis al mio Comune: il furgone con i volontari che la accompagnavano alle medie la portano anche al liceo, anche se non dovrebbero”. Ma in classe, l’educatore che dovrebbe darle assistenza anche nei movimenti più semplici non c’è. “Anche le ore di sostegno non sono tutte coperte. La scuola però purtroppo ha le mani legate su questo e non può fare nulla: gli insegnanti non sono sufficienti”.

Da qui, la decisione di Cristina di pagare lei stessa l’educatore, nella speranza che qualcosa, a breve, si sblocchi. “Non l’ho mai tenuta a casa. Lo so che non è giusto che paghi io. E ho avvertito la provincia che non può essere una soluzione definitiva: non me lo posso permettere. Ma a lei andare a scuola piace, è un momento importantissimo. Non me la sento di privarla di questo”.

Se da un lato ci sono alunni disabili che la scuola, in qualche modo, l’hanno iniziata, dall’altro ci sono coetanei che invece in classe non sono ancora riusciti a metterci piede. “Anche la Regione ha gravi responsabilità di questa situazione – commenta Donatella Morra, referente del gruppo Ledha scuola – a oggi, ad anno scolastico iniziato, non ha stanziato nemmeno un euro per finanziare servizi che attengono a un diritto tutelato dalle leggi regionali e nazionali”.